Ci sono luoghi che si donano all’animo avvolgendolo in un abbraccio di quiete e di energia. Penso ai giardini di Ninfa, di Castel Trauttmansdorff e di Sigurtà; a Rocchetta Mattei, ad Altilia Saepinum, a Bagno Vignoni e, tra questi ad unire le unicità, al Podere La Torre di Schio e Torrebelvicino. 26 ettari di boschi, viti, ulivi e specchi d’acqua adagiati in collina e in piano con piante ornamentali al limitare di stalle, fattorie, saloni, ristorante, suite, bistrot e bar: quasi che dall’alto, qualcuno si fosse preso la briga di attribuirsi l’opera.
Pur giovane nella storia, il Podere vanta infatti “bellezza e cuore”: “bellezza” per il motivo che trascende il puro utilitarismo del suo ideatore, Paolo Trentin; “cuore” perché oltre la piscina che ne prende la forma custodisce la trama di un’affinità elettiva che richiama, lì, un certo sguardo dal cielo.
Unito in un solo fondo nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta, l’intero appezzamento subisce dei passaggi di proprietà fino a quando nel 2010 è acquistato dalla famiglia Trentin, che senza intravederne il divenire lo ha trasformato in qualcosa di importante involontariamente. La primordiale idea di Paolo e Silvia Adriani (marito e moglie cresciuti in casati imprenditoriali) fu infatti accantonata per non lasciare all’incuria un luogo identitario del territorio a cui entrambi appartenevano. Decisero di conseguenza di farne un posto che esaltasse l’estetica puntando sui contorni e sui colori: di montagne, declivi e architetture; di prati, acque e azalee.
Tra il 2012 e il 2013, obbligato anche da motivi personali, Paolo mette così mano al proprio sogno e delinea idee e disegni: traccia, indica, aggiunge, toglie e ancora indica per quello che agli occhi altrui è un “cantiere aperto” senza fine. Un progetto che tormenta e al tempo stesso appassiona per la ragione che, nonostante le altre attività imprenditoriali, il Podere guadagna in Paolo valore evocativo per i capostipiti (la falegnameria dei genitori era stata aperta nel 1948), per il vissuto professionale (in gioventù era stato arredatore d’interni) e per i dispiaceri di “una vita a punti” stravolta nell’ordine del suo divenire.
Il risultato è stato un “progetto di lui e di lei” dove Silvia, che oggi dirige la struttura, è di Paolo l’altra parte dell’impresa e ne rappresenta l’opposto femminile. La sussidiarietà fattasi complementarietà ha infatti reso ciascuno dei partner beneficiario dalla forza dell’altro, dando loro la possibilità di trasformare la comune storia in un solidale rapporto di famiglia capace di espandere il suo vincolo in azienda.
I paletti a limitare la forma della piscina (piantati da Silvia su indicazione di Paolo che la guidava dall’alto) sono il simbolismo di tale rapporto al modo stesso di come la porta d’opificio viene restituita all’antico splendore per marcare l’ingresso al bistrot. E ugualmente si può dire per i legni dei pavimenti la cui bellezza è riportata all’origine per lasciarla calpestare nelle grandi sale ornate di tronchi, piante, poltrone e oggetti d’arte che accolgono l’ospite per farlo sentire a casa.
Quando il primo ottobre 2016 tutto è pronto, il Podere La Torre si mostra ai mille invitati per l’inaugurazione ne diventa presto luogo d’elezione per il ritiro di personalità dello spettacolo, per gli incontri dell’imprenditoria, per le conferenze della politica, per fare da scena ai matrimoni e, in ultimo, per il conferimento del Premio Zamberlan.
Un cenno ancora alla “bellezza” come oggetto di riferimento nell’azione di Paolo, la cui prossimità alla manualità artigiana e l’innata cultura del lavoro gli hanno permesso la sintesi di utilità, estetica e arte in ciò che meglio gli veniva: il disegno. Ovvero, il combinato di quell’insieme con l’equilibrio della natura che ha regalato all’uomo il predominio della forma e del gusto sulla banalità e la pacchianeria. Mi piace infatti credere che come una stella estinta continua a brillare per secoli (alimentando i sogni della nostra vita), così pure il suo riflesso nell’acqua viaggia nello spazio a riprendersela nella notte, cosciente che disadatti a percepirne la forma troviamo la sua luce ovunque.
Il Coordinatore del Premio Zamberlan
Claudio Ruggiero
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